Le tappe del viaggio - iniziativa sull'immigrazione - 1991-2000

 

Le iniziative svolte sul tema dell'immigrazione hanno proceduto per tappe
Le tappe del viaggio


Prologo
Nel 1991, La Provincia di Bologna e il Comune di Bologna promuovono il Convegno "Ma non solo immigrato".
La giornata di studio era organizzata per sessioni di lavoro aventi lo scopo di mettere a fuoco le criticità nel percorso di accoglienza di cittadini stranieri appena avviato.
Le sessioni erano:
La salute, servizi sociali
Le politiche culturali
La scuola, l'alfabetizzazione
Il lavoro, la formazione
Dall'accoglienza alla casa
Le forme della rappresentanza
Il convegno mette in evidenza che inevitabilmente la riflessione "sull'altro" porta a rivedere quello che sembra scontato ed invece non lo è.
Inoltre rileva che lo standard raggiunto nell'erogazione dei servizi forse non risponde in modo adeguato neppure per i cittadini autoctoni.
Una ricerca effettuata nel 1994 da La Rosa e Gossetti (La condizione socio sanitaria degli immigrati a Bologna e Provincia) conferma la tendenza ormai nota a livello nazionale che gli immigrati non hanno bisogni diversi degli autoctoni. Si evidenzia la necessità di predisporre momenti di accoglienza in grado di fungere anche da filtro e da sensore delle richieste e delle modalità all'interno delle quali tali richieste trovano una progressiva definizione e chiarificazione; il problema della lingua è molto rilevante, ma non determinante; prioritario è poter disporre di concreti strumenti che favoriscano la intermediazione culturale e non la semplice traduzione linguistica del bisogno. Capire le situazioni di difficoltà significa primariamente comprendere le modalità di strutturazione del bisogno

Prima Tappa
La prima tappa che porterà poi allo sviluppo dei percorsi formativi di cui il seminario ne è conclusione, è una ricerca condotta nel territorio della Provincia di Bologna "Analisi dei fabbisogni formativi degli operatori di enti pubblici che entrano in contatto con utenti immigrati nella Provincia di Bologna" (1996) i cui risultati furono esposti nell'articolo a cura di Cristina Piccagli "I fabbisogni formativi degli operatori di enti pubblici che entrano in contatto con utenti immigrati", in "La società multietnica", n° 3, 1998. L'idea di base che guidava la ricerca era di poter evidenziare le criticità delle istituzioni, e più in generale, degli enti pubblici, nel gestire il rapporto con i cittadini immigrati e svolgere nei loro confronti una funzione di mediazione.
Una volta riscontrato che il fenomeno migratorio non è più un episodio estemporaneo, che occorre definire strategie per favorire cambiamenti profondi nella società, nella cultura dei servizi a favore di un orientamento interculturale, vanno impostati programmi d'intervento complessivi e mirati, soprattutto nei punti dell'organizzazione dove avviene il contatto.
Gli obiettivi della ricerca si sono focalizzati su due aspetti
- Approfondire il rapporto delle persone immigrate e le relative problematiche comunicative, con operatori di front office in senso lato.
- Ricostruire del reticolo sociale costituito per la comprensione dell'uso dei servizi da parte degli immigrati e delle problematiche connesse
La metodologia adottata è stata l'analisi di casi. In particolare sono state analizzate tre realtà territoriali ritenute particolarmente significative nell'ambito della città e della provincia di Bologna. Queste realtà si presentano piuttosto diverse tra loro per struttura della popolazione e per tipologia e modalità migratorie:
Quartiere Navile
Comune di Castel Maggiore
Comune di Porretta
La ricerca sul campo svolta tra gli immigrati aveva lo scopo di analizzare le modalità di fruizione di alcuni servizi pubblici da parte di cittadine e cittadini stranieri
I servizi presi in considerazione nelle realtà analizzate sono stati:scuola, anagrafe di competenza comunale, servizi sanitari, uffici del lavoro e le questure.
Per quanto riguarda le strategie di accesso ai servizi e le modalità di fruizione, dall'analisi è emerso che i cittadini immigrati preferivano rivolgersi a figure e a luoghi di mediazione. Inoltre emergeva una forte insicurezza di fronte alla continua necessità di produrre domande scritte o riempire moduli.
Altro ambito di indagine è stato la percezione dei servizi. L'analisi ha rilevato che, per esempio, i Cinesi erano intimoriti di fronte alle istituzioni viste come emanazione del potere; i Filippini, prevalentemente impiegati nel campo domestico, ritenevano i servizi distanti e incomprensibili; i marocchini e i tunisini: si dimostravano diffidenti e sfiduciati per la convinzione che non vi erano regole chiare.
E' importante sottolineare che questi e altri problemi emersi dalla ricerca non erano riferibili solo o non tanto alla tematica dell'immigrazione, ma più in generale a tutti i cittadini che accedono ai servizi.
A questo proposito occorre:
-implementare nell'organizzazione una vera cultura del servizio
- implementare una cultura dell'ascolto e della relazione con l'utente
- implementare una cultura della flessibilità nel senso che i servizi devono avere la capacità di riorientarsi sulla base dei nuovi bisogni.

Seconda tappa: la formazione
Una delle tesi fondamentali, che ha guidato la progettazione dei percorsi di formazione "Strategie formative per riorientare i servizi in un'ottica interculturale", è che la programmazione dei servizi sanitari non può prescindere dal considerare i sistemi di credenze che guidano i comportamenti delle persone e che queste adottano per prevenire e far fronte ad episodi di malattia.
Già molte ricerche svolte nei paesi anglosassoni e, in particolare negli Stati Uniti, hanno mostrato l'influenza esercitata dall'appartenenza etnica sui comportamenti sanitari che gli individui assumono. Non è possibile curare il corpo ignorando l'orizzonte culturale in cui la malattia viene vissuta. Aprirsi alla conoscenza della cultura dell'altro, al sistema di valori cui fa riferimento è parso quindi come un obiettivo imprescindibile, tendendo conto che si sarebbe operato per il superamento di pregiudizi e stereotipi sicuramente incontrati lungo questo percorso.
Osservando ciò che è avvenuto in Italia, dove associazioni di volontariato e gruppi di soggetti hanno dato vita a sperimentazioni di rilievo creando servizi sanitari con accesso solo per immigrati, ci è parso invece importante il trasferimento delle esperienze, delle conoscenze maturate al fine di far crescere "una cultura pubblica comune", che sappia fare propri i principi di una società multietnica.
A partire da queste premesse si sviluppano negli anni 1997 - 2000 i percorsi formativi che trovate nella tabella in allegato.

Obiettivi
Gli obiettivi di base della formazione degli operatori, finalizzata al riorientamento dei servizi in un'ottica interculturale, sui quali si sono costruite le prime due edizioni del "Percorso Nascita" sono i seguenti:
-un approccio globale alla persona, ossia alla sfera bio-psico-sociale del soggetto;
-la conoscenza dell'ambiente relazionale, affettivo e sociale della persona per dare risposte mirate ai suoi bisogni specifici;
-la conoscenza e il confronto con i modelli culturali ed esperienziali di salute di entrambi i soggetti della relazione;
-la capacità di valorizzare i percorsi esistenziali e culturali delle persone per attivare risorse positive per il recupero e il mantenimento della salute;
- la capacità di attivare in rete risorse sociali, formali informali del territorio.
La proposta formativa intendeva avviare un processo di cambiamento iniziando dai servizi in cui il contatto con l'utenza immigrata non è avvenuto in seguito ad una patologia. Chi presidia la fase della nascita ha, infatti, l'opportunità di entrare in contatto con la donna, ma anche con il nucleo familiare, in un momento significativo per la vita di tutti i soggetti coinvolti.
Gestire un evento di questo tipo, facendolo diventare un'occasione di conoscenza reciproca, è parso costituisse un primo passo per riorientare i servizi in un'ottica interculturale, ma anche un'azione di mediazione culturale che permettesse la comprensione reciproca ricercata.
Il corso si è venuto a configurare all'interno di un sistema particolarmente avanzato e ricettivo. Si è, infatti, attinto dall'esperienza sui temi dell'accoglienza delle differenze, sviluppata dal "Centro per la tutela della salute delle donne immigrate e dei loro bambini", e dall'esperienza delle Ausl con le donne in gravidanza.
Si sono così precisati gli obiettivi specifici del corso formativo "Percorso Nascita":
- la capacità di lettura dei bisogni espliciti e latenti dell'utenza;
- la qualità del servizio prestato all'utenza immigrata in termini di maggior attenzione ai bisogni espliciti e latenti;
- la gestione del colloquio con gli immigrati, bambini ed adulti, individuando un vocabolario di base semplificato;
- i comportamenti comunicativi con gli utenti immigrati, sia nella relazione d'aiuto che nell'informazione sull'accesso ai servizi, per mettere in rilievo la relazione tra il bambino e il suo ambiente di vita;
- l'immagine complessiva del servizio sul territorio.
Dopo la prima e la seconda edizione dell'intervento formativo "Percorso nascita. Un approccio interculturale alla relazione con utenti immigrate", svoltesi nella seconda metà del 1998, è stata attivata la terza edizione nel marzo 2000 che termina il 20 giugno 2000.
All'indomani della I e II edizione del Percorso Nascita" e della verifica con i Responsabili della formazione delle Aziende USL emerse l'esigenza di estendere questo tipo di formazione gli operatori della Pediatria di comunità e del Servizio sociale, al fine di dare continuità, nel tempo della crescita del bambino, alla costruzione della relazione tra i Servizi e la famiglia.
Fu quindi progettato, in tre edizioni, viste le richieste, il percorso formativo denominato "Il bambino e la bambina nel rapporto con i servizio socio-sanitari: un approccio interculturale al percorso di pediatria di comunità e Servizio sociale".
Questo percorso ha visto la partecipazione di tutte le Aziende Ausl del territorio provinciale (AUSL Bologna nord, Bologna sud, Bologna città, Imola e Azienda Ospedaliera S. Orsola Malpighi).
All'interno del Progetto "Strategie formative per riorientare i servizi in un'ottica interculturale" troviamo anche un percorso di formazione richiesto dall'Ausl Bologna nord per gli operatori della Azienda Ospedaliera di Bentivoglio: "Percorso di accoglienza nella struttura ospedaliera. Un approccio interculturale nella relazione con pazienti immigrati".
A differenza delle due tipologie formative precedenti, questo progetto è rivolto ad operatori ospedalieri che vengono a contatto con il paziente immigrato (giovane o adulto) nei vari punti di assistenza medica offerti dalla stessa Azienda ospedaliera.

I contenuti
I modulo, un gioco di specchi
-dall'osservarsi all'essere osservati;
-come li vediamo e come ci vedono;
-gli sguardi degli immigrati su di noi;
-riconoscere e rilevare se stesso e gli altri;
-quando guardare l'altro significa immergersi in noi stessi

II modulo - Prendersi cura
- Alcuni strumenti critici sulle diverse componenti del servizio erogato anche ma non solo all'utenza straniera

III modulo - Dalla tolleranza all'accoglienza
- cosa implica un approccio interculturale nella comunicazione interpersonale e nella relazione con utenti immigrati (genitori e bambini)
- problemi e prospettive nell'inserimento dei futuri 'nuovi' cittadini'

Le connessioni
Il lungo processo formativo ha visto la possibilità di concretizzarsi e ampliarsi grazie alla fitta rete di relazioni che hanno permesso l'attivazione di nuove relazioni a quindi la possibilità di proseguire nel "cammino".
Gli attori sono stati, oltre la Provincia di Bologna e l'Istituzione Minguzzi, il Comune di Bologna, le Aziende UU.SS.LL rappresentati dai vari referenti di struttura e responsabili della formazione. Possiamo definire questo progetto anche un esempio di messa in rete di vari attori per la condivisione di un obiettivo.

La riprogettazione
In occasione della presentazione, ai responsabili della Aziende USL della provincia di Bologna, del rapporto finale delle attività formativa, è emersa la necessità di valorizzare il lavoro fatto dai partecipanti. Da qui è nata l'ipotesi di realizzare un seminario, visto sia come tappa conclusiva del percorso formativo svolto sia come tappa di avvio di nuovi percorsi. Il seminario, inoltre, per le caratteristiche che presentava (partecipazione attiva dei corsisti) è stato preceduto da un intenso lavoro con tutte le persone che hanno partecipato alla formazione. Il lavoro propedeutico al seminario è stato dedicato alla sperimentazione dei "future lab". All'interno dei laboratori del futuro i partecipanti hanno avuto la possibilità di riflettere ancora una volta sul loro lavoro, e di elaborare idee di miglioramento dei servizi in un'ottica interculturale.